Alessandro Preziosi con Il mestiere di amare è il protagonista del secondo recital del Fossombrone Teatro Festival, Il mestiere di amare è un omaggio allo scrittore piemontese e prende in prestito il titolo dal diario “Il mestiere di vivere” che, iniziato il 6 ottobre 1935 durante il periodo del confino, accompagna Cesare Pavese fino al 18 agosto 1950, nove giorni prima della sua prematura scomparsa, e diventa a poco a poco lo strumento privilegiato cui affidare i pensieri sul proprio mondo di poeta, scrittore e di uomo e, soprattutto, le confessioni ultime su quei laceranti tormenti intimi che segnavano la sua vita.

“Pavese ci ha riportato il suo rapporto con il mondo femminile attraverso una serie di passaggi estremamente intimi e dissacranti rispetto all’amore – spiega l’attore napoletano -: l’intimità che ha è estrema rispetto a ciò che noi spettatori e lettori percepiamo della sua frustrazione e della sua difficoltà di essere amato, più che di amare; mentre sull’altro piano c’è il fatto di vivere l’amore in maniera talmente alta che alla fine ci fa dimenticare la persona che lui sta amando. Quindi l’intimo è dato dal rapporto tra lui e la donna che ama, mentre a noi dà la possibilità di percepire come l’Autore si innamori più dell’idea dell’amore che della donna da amare. E da lì nasce tutta l’altezza poetica e lirica dello scrittore Pavese, è una sublimazione che porta fino all’esasperazione più totale del sentimento chiamato ‘amore’.

Cesare Pavese ha messo in gioco tutto se stesso con il vigore e la fermezza coi quali riconosceva, pochi giorni prima di morire, di avere “dato poesia agli uomini”; ha “fatto” cultura nel senso proprio, più creativo, del termine, imprimendole una serie di spinte e accelerazioni dagli effetti di lunga portata; è stato, insomma, un protagonista della vita intellettuale, al centro di una rete di relazioni e amicizie che compongono sotto gli occhi di chi le osserva la geografia di quel che di meglio è stato scritto e detto in Italia tra le due guerre e anche dopo. Il recital, come si propone il titolo, intende ripercorrere le analogie, le interconnessioni tra questo mestiere della scrittura che ha sempre impegnato Pavese fin dalla adolescenza con il suo rapporto con il mondo femminile, con le donne, rapporto spesso amaro, disperato, sarcastico, raramente sereno e mai felice, attraverso lettere, note, poesie e brani del diario mettendo in risalto la vera tensione di Pavese verso una letteratura che sia «difesa contro le offese della vita».

La poesia e la donna strette, avvinte, fuse in un unico grido che percorrerà tutta la sua vita. l’amore è la chiave che ci consente di entrare nel laboratorio poetico di Cesare Pavese e di scoprire le sue corde più intime nella fisica, a volte violenta drammaticità di molte delle sue pagine fino alla tragica epigrafe che chiude diario di scrittura e vita «Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, infermità, nulla».

 

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