L’analisi della CNA sui dati del Centro Studi. Percentuali negative in doppia cifra per costruzioni, manifattura, trasporti. La CNA inascoltati i piccoli
PESARO – Un vero e proprio tracollo. La provincia di Pesaro e Urbino, un tempo locomotiva della crescita marchigiana, conferma la sua inesorabile discesa iniziata 10 anni fa. I numeri sulle imprese attive elaborati dal Centro Sudi regionale della CNA su dati InfoCamere sono impietosi e indicano una sofferenza ormai strutturale che ci pone come fanalino di coda dell’economia regionale, senza peraltro che si sia registrata nessuna inversione di tendenza.
Anche i dati relativi ai primi nove mesi del 2018 sono assolutamente negativi con la chiusura di ben 409 imprese che determinano un -1,2% rispetto al totale delle imprese attive ad inizio 2018. In questi ultimi nove mesi solo la provincia di Fermo fa peggio di noi (-1,7%).
Ma se raffrontiamo i dati degli ultimi dieci anni, c’è di che riflettere. Nel 2009 le imprese attive in provincia erano 39.598 ad oggi sono invece 35.048. Significa che hanno chiuso i battenti ben 4.550 imprese ovvero quasi il 12% in meno del numero totale di imprese. Nessuno nelle Marche ha fatto peggio di noi. Basti pensare che, seppure generalizzato, il calo nelle altre province è stato meno grave: (Ascoli: – 0,8%; Ancona: – 4,4%; Macerata: -6%; Fermo: -9,7%).
Nel settore della manifattura Pesaro ha segnato un vero e proprio tracollo rispetto alle altre province. Da 5.517 imprese nel 2009 ne sono rimaste 4.509: il 19% in meno con Ancona che invece si è fermata ad un 5,8% in meno; Ascoli ad un -2,8%).
Maglia nera anche nelle costruzioni dove le distanze con le altre province sono clamorose. In dieci anni si sono perse la bellezza di 1.664 imprese (erano ben 6.661) con un clamoroso – 25% mentre nello stesso periodo Ancona ha totalizzato un – 8,2%. La musica è la stessa anche nei trasporti con un 20,4% in meno. In questo settore fa peggio di noi solo Fermo (- 23,9%).
C’è solo un comparto dove la provincia di Pesaro e Urbino va leggermente meglio: il turismo. Con 2.566 imprese al 30 settembre rispetto alle 2.425 del 2009, il settore guadagna un 4,2% in più. Ma anche qui fanno meglio le province di Ancona (16% in più) e di Ascoli (17% in più).
“La lettura di questi dati è sconfortante – dice il presidente provinciale della CNA, Alberto Barilari – e conferma ciò che andiamo dicendo da tempo. Ovvero che questa provincia sta pagando più delle altre il prezzo della crisi e che il quadro di un territorio si è ormai trasformato definitivamente. La manifattura, non è più uno dei pilastri del tessuto economico. In questi anni è aumentata la richiesta di servizi ma è diminuita la produzione. In qualche modo questa provincia non solo non ha saputo assecondare il cambiamento ma ha pagato più di altre la sua vocazione prettamente manifatturiera e la mancanza di infrastrutture”.
“Hanno chiuso in tanti, troppi – dice il segretario provinciale della CNA Moreno Bordoni – e noi lo abbiamo detto in continuazione in questi dieci anni. Hanno fatto molto meno rumore le 4.550 serrande di piccoli laboratori e officine che si sono abbassate rispetto ai cancelli di ingresso di qualche marchio più famoso. Non è vero, come sostiene qualcuno, che la crisi sia servita ad una “scrematura”, ovvero ad eliminare dal mercato le aziende peggiori. Si è perso invece una grande fetta di quel patrimonio di piccole imprese ricche di esperienza, qualità e professionalità. Aziende che hanno subìto i contraccolpi della crisi e che hanno pagato per prime la crisi dei mercati”.
“Per questo – concludono Bordoni e Barilari – ribadiamo con forza la necessità di ragionare per attuare e rendere operativi tutti gli strumenti necessari a sostenere il settore della piccola e media impresa. Innanzitutto credito, agevolazioni per le start-up, riduzione della tassazione locale e degli adempimenti burocratici; estensione della banda larga a tutta la provincia; adeguamento e potenziamento delle infrastrutture, reti tra imprese e iniziative per l’internazionalizzazione; sono misure sulle quali lavorare al più presto se vogliamo cercare di invertire la tendenza”.
31/10/2018
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