18 maggio 2021 – La Corte di Cassazione ha messo, con sentenza 11719 del 05/05/2021, un nuovo punto alla lunga vicenda di un giovane 38enne, deceduto nel 1996 per un caso di malasanità ad Urbino dopo un incidente stradale in cui aveva riportato alcune fratture e un trauma toracico-addominale. Al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Urbino, le sue condizioni furono considerate non preoccupanti, nonostante il sospetto di una emorragia interna; ma a causa di una erronea organizzazione dei turni di reperibilità, nonostante la presenza dell’ecografo, l’esame non fu eseguito portando in sole sette ore alla morte del paziente, nonostante il disperato tentativo di cura presso un secondo ospedale.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata l’impugnazione dei familiari, confermando il danno morale da lucida agonia o danno catastrofale subito dalla vittima in ragione della sofferenza provata nell’avvertire consapevolmente l’ineluttabile approssimarsi della propria fine, risarcibile a prescindere dall’apprezzabilità dell’intervallo temporale intercorso tra le lesioni e il decesso.
“È indubbio il rilievo di questa pronuncia della Suprema Corte” commenta l’avv. Gabriele Chiarini, che con il suo Studio ha seguito il lungo iter giudiziario che ha portato alla liquidazione di un danno non patrimoniale pari ad € 726.000 (divenuti più di un milione in forza della rivalutazione e degli interessi maturati) in favore dei congiunti. “Accogliendo il nostro ricorso, la Cassazione ha ritenuto che – diversamente da quanto stabilito prima – il paziente avesse maturato, nelle sette ore precedenti il decesso, il diritto al risarcimento anche di quella particolare componente del “danno terminale” che viene tradizionalmente denominata “danno catastrofale”. Tale pregiudizio, correlato alla lucida agonia affrontata nella consapevolezza della propria fine imminente, dovrà pertanto essere liquidato iure hereditatis alla moglie e al figlio della vittima”.
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