Missione principale della Chiesa è quella di annunciare il Vangelo
Nel progetto che la Santa Sede ha delineato riguardo all’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado allo scadere del mandato di mons. Giovanni Tani per raggiunti limiti di età, si prospetta la nomina del nuovo arcivescovo nella persona di mons. Sandro Salvucci, che rimarrebbe anche alla guida dell’arcidiocesi di Pesaro. Questo sarebbe nella linea indicata già nel maggio 2013 da Papa Francesco che rivolgendosi all’assemblea dei vescovi affermò che le diocesi italiane sono troppe. È evidente che il numero alto delle diocesi comporta problemi di ordine organizzativo, pastorale ed economico.
La Chiesa nella sua organizzazione non è esente dalle dinamiche cui vanno incontro anche tante amministrazioni civili che si vedono costrette a modificare il loro assetto. Se tutto questo si avvererà non è facile stabilirne i tempi di realizzazione. Per un periodo non breve si può prevedere che le diocesi rimarranno così come sono, avendo un unico vescovo: si dice unite nella persona del vescovo (in persona episcopi). In seguito si potrebbe creare una diocesi nuova che assommerebbe i territori delle due attuali diocesi. A cosa può servire tutto questo? I tempi cambiano e anche le situazioni. Bisogna guardare soprattutto agli aspetti sociali e pastorali. E bisogna guardare anche al futuro, ricordando che la missione principale della Chiesa è quella di annunciare il Vangelo.
Come sarà la vita delle nostre Chiese fra dieci anni? Il clero è scarso di numero e con una età media molto alta. La capillarità della presenza dei preti sul territorio con molta probabilità non tornerà più. Le vocazioni sono poche e lontanissime dalla possibilità di rimpiazzare i posti che rimangono vuoti. Per questo accogliamo come un dono i sacerdoti che vengono anche da molto lontano. Certo una diocesi dai confini allargati non risolve immediatamente questo genere di problemi, ma può unire le forze esistenti per organizzarle in una visione diversa.
Con questo progetto della Santa Sede non si vogliono cancellare storie e identità precise, ma accompagnarle nel loro cammino verso sfide nuove. È necessario credere che il Signore non è estraneo al cammino del suo popolo: non bisogna pensare che si tratti solo di tecniche organizzative, ma di un disegno provvidenziale condotto da Dio. Quante cose del passato sono state modificate e “non sono più come erano una volta”! In questi ultimi tre anni si possono contare già dodici casi di diocesi unite “in persona episcopi”; l’ultimo è quello dell’unione fra Gubbio e Città di Castello. Sappiamo che il progetto in prospettiva riguarderà anche altre diocesi in Italia. È certamente un passaggio difficile da accettare e che fa soffrire, ma è necessario adottare lo sguardo della fede e vedere qualcosa di nuovo che nasce. È necessario impegnarci per far nascere questo futuro.
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