Con cadenze semestrali si torna a parlare del San Benedetto, adesso sembra che ci siano i soldi: bandi per la rigenerazione urbana e “potenzialmente” del Recovery plan, ma intanto il tetto è diventato sempre più un colabrodo e l’acqua ha gioco facile nell’infradiciare muri, solai, travi così che è molto probabile che fra qualche inverno parti dell’edificio saranno irrimediabilmente crollate, mentre quelle in piedi dovranno essere demolite per la sicurezza e così avrà campo libero il piccone demolitore della rigenerazione urbana e della speculazione.

Nell’agosto del 2019 Art. 1 nel richiamare nell’ordine: la Regione, L’Asur e il Comune ai propri doveri e cioè all’obbligo di mantenere i beni dell’intera comunità, sostenne che: “Era del tutto prevedibile che un edificio abbandonato nel 1981 e lasciato nella più completa incuria si autodistruggesse”. Chiedeva all’ASUR di “farsi carico immediatamente dell’esecuzione di tutti i lavori necessari per garantire la vita dell’edificio,  in particolare, attraverso il rifacimento di tutte le coperture. Intervento che da solo garantisce la stabilità e la conservazione di tutta la struttura”.
Niente è stato fatto, anzi il San Benedetto come altri palazzi storici della città dimostrano l’incapacità di una visione strategica e lungimirante da parte di questa Amministrazione comunale che continua a spendere i soldi nei parcheggi invece di sistemare le parti identitarie della città.

Ora di nuovo il miraggio di finanziamenti nazionali. Art. 1 sarebbe ben felice che si riuscisse a ottenere un finanziamento. Il compito di lavorare perché questo avvenga spetta a Comune e Regione e speriamo che si attivi fra i due Enti una forma di collaborazione nell’interesse della città senza polemiche inutili o sgambetti reciproci.
Vorremmo sottolineare tuttavia che “spacchettare” l’edificio non risolve il problema anzi l’aggrava. Com’è accaduto in altre parti della città, per esempio, all’ex carcere minorile dove si sono costruite residenze e spazi commerciali mentre la chiesa e l’ex carcere, che erano fra gli obbiettivi della riqualificazione, sono rimasti nello stato di abbandono e di degrado.
Si dice di voler avanzare una proposta sostenibile ma realistica. Art. 1 vorrebbe sapere: quali sono gli imprenditori disposti a intervenire, qual è la necessità di residenza a Pesaro, considerando l’elevato numero di vani vuoti e delle operazioni immobiliari in corso. L’Amministrazione ha un quadro realistico della situazione?

Art. 1, nel condividere l’idea di utilizzare la “lavanderia” per allargare la Biblioteca San Giovanni, ritiene che non si possa perdere un’occasione storica di mantenere la destinazione pubblica di quel bene, per farlo diventare la cittadella della cultura, con il trasferimento della Biblioteca  Oliveriana, e del un Museo archeologico Oliveriano. All’interno  potrebbero trovare la loro collocazione ideale angoli espositivi per mostre documentarie, spazi scenici sperimentali riservati al teatro di ricerca e alla  musica, luoghi per mostre, aule per lezioni, sale di proiezione per film  d’autore, sale di dimensioni più contenute per appuntamenti seminariali, atelier per artisti, laboratori artigianali, coworking, incubatori d’imprese ecc.

In questo contesto si integrerebbe il già costituito Museo alle stufe per la documentazione, la memoria, la ricerca dell’ex Ospedale psichiatrico San Benedetto di Pesaro, riprendendo il progetto abbandonato dall’ASUR.
In questo importante contenitore culturale potrebbe trovare la propria sede anche il Museo memoria del quotidiano del ‘900. Come si vede una  proposta di ben altro spessore che farebbe di Pesaro veramente la città  della cultura a livello nazionale. E non diciamo come Tremonti che “con la cultura non si mangia”.

Senza dimenticare che il recupero dell’edificio, dei suo spazi aperti, la loro nuova destinazione, fungerebbero da motore per la riqualificazione e il rilancio di una parte importantissima di centro storico oggi abbandonata al degrado.

Il progetto del San Benedetto deve infatti integrarsi con tutta l’area limitrofa dagli Orti Giulii alla Biblioteca San Giovanni e può rappresentare il motore per dare nuova vita a un’area centrale della città.

L’edifico è disponibile con la sua bellezza, la sua cultura, la sua storia e la sua integrazione con il corpo vivo della città e spetta a noi non sbagliare.

Anche per questo Art. 1 ritiene che sul progetto di rigenerazione urbana del San Benedetto vada aperta una discussione con tutta la città da subito e con l’obiettivo di arrivare alla definizione rapida di un progetto sul quale cercare anche i necessari finanziamenti.

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