Il giardino di Federico e Battista è oggi una rarità: costituisce infatti una delle testimonianze più straordinarie della cultura del Rinascimento urbinate. Rappresenta un punto di snodo non soltanto nella progettazione architettonica, ma anche nell’evoluzione del complesso rapporto, che tocca ambiti anche filosofici e letterari, che intercorre tra natura e architettura.
Tra i termini estremi del costruito e dell’ambiente selvaggio, la natura offre un termine intermedio: può essere ‘disciplinata’ e guidata secondo gli schemi propri della progettazione architettonica. Il giardino – la natura umanizzata – ne è l’espressione. Il Giardino Pensile nel palazzo ducale di Urbino occupa un posto cruciale in tale realtà. Nella “città in forma di palazzo”, esso costituiva uno spazio in cui pietra ed erbe creavano disegni e percorsi, mentre il grande schermo della parete finestrata offriva la visione del paesaggio circostante entro precise coordinate visuali, aprendo a chiavi di lettura e a visioni, anch’esse perfettamente inserite nel gioco rinascimentale della proporzione.
Il Giardino, già celebrato già dai contemporanei, fu alla base delle esperienze successive più importanti, come i giardini della Villa Imperiale a Pesaro. Costituisce pertanto evento di grande importanza la ‘restituzione’ del Giardino Pensile agli spazi fruibili del Palazzo Ducale. Il rilevante intervento di restauro/manutenzione ha interessato in particolare le costruzioni che fungono da copertura ai sotterranei, delle quali sono state mantenute integralmente le modalità costruttive quattrocentesche.
L’intervento di restauro è stato realizzato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio di Ancona. Ciò che caratterizza l’attuale riappropriazione degli spazi, già promossa con passione da Lorenza Mochi Onori nei suoi anni urbinati, è il desiderio di ricostituire, se non filologicamente, data la carenza dei riferimenti documentari, l’’anima’ del giardino, evocandone colori e profumi mediante un’accurata ricerca sulle essenze quattro/cinquecentesche più ampiamente testimoniate nei giardini coevi e in quelli più vicini cronologicamente e geograficamente, e reperite nei vivai specializzati in coltivazione di piante antiche nelle Marche.
L’Accademia di Belle Arti di Urbino ha realizzato un inaspettato ‘murale’ concretizzando, con spirito tutto umanistico, un inedito dialogo tra antico e moderno.
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