Un barbiere di Siviglia così non si era mai sentito: Giovanni Falzone e le Mosche elettriche ne fanno un’interpretazione jazz rock.
Pesaro, 26 febbraio 2016- Gioacchino Rossini sarebbe stato sicuramente felice di vederli così. Giovanni Falzone e le Mosche Elettriche. Una brillante reinterpretazione dell’opera rossiniana Il Barbiere di Siviglia della quale sono stati rielaborati alcuni frammenti tematici in chiave jazz rock. RADIO ROSSINI, questo il titolo della rappresentazione che si è svolta ieri, 25 febbraio 2016, al Teatro Rossini di Pesaro, organizzata dal Comune della città e dall’Amat ,per festeggiare i 150 anni del musicista pesarese. Protagonisti indiscussi del palcoscenico Giovanni Falzone (tromba, arrangiamenti), Valerio Scrignoli (chitarra elettrica), Danilo Grillo (basso elettrico), Riccardo Tosi (batteria).
Un progetto alternativo per il Rossini Opera Festival 2014, prodotto da Musicamorfosi e inserito nel ricco calendario di eventi e iniziative dal titolo “Figaro qua, Figaro là” che, dal 20 al 29 febbraio 2016, hanno animato e continueranno ad animare, il territorio pesarese.
Un’incursione originale e coraggiosa quella di Giovanni Falzone nel mondo della musica contemporanea. “Per me è un vero onore essere nella terra rossiniana “- afferma il trombettista durante il concerto, applaudito da un pubblico che a tratti si commuove. Dopo l’alternanza dei vari frammenti ,rielaborati attraverso un mix perfettamente curato di generi musicali differenti, ma mai contrastanti, lo spettacolo si chiude. Il pubblico applaude in silenzio e non si alza dalle sedie. Aspetta il bis.
Dopo il concerto abbiamo avuto il piacere di rivolgere alcune domande direttamente a Giovanni Falzone.
Una rappresentazione originale quella di questa sera. Come è nata l’idea?
L’idea nasce dal fatto che io abbia avuto esperienza per lungo tempo in un’orchestra sinfonica e abbia collaborato anche per molto tempo con enti lirici. Dunque, ho avuto modo di assorbire nel tempo questo repertorio da dentro, suonando prima da orchestrale e gustandomi, in qualche modo, la parte originale di questa ricchezza che Rossini, in questo caso, mi ha lasciato. Ho cercato quindi di prendere la parte che più mi interessava per portarla nel mio versante, cercando di mettere insieme le musiche che mi interessano; jazz, rock e musica classica.
E perché voler rappresentare proprio “IL BARBIERE DI SIVIGLIA”?
Perché è un’opera che mi piace particolarmente. Questo progetto è nato due anni fa, in onore del ROF, Rossini Opera Festival. Mi è stato chiesto un progetto su Rossini ed ero indeciso se fare una sorta di monografia di un’opera ben precisa o se prenderne diverse; alla fine, la scelta è caduta su “IL BARBIERE DI SIVIGLIA” perché nel mio passato di musicista classico ho avuto modo di suonarlo tante volte e quindi non mi è stato difficile, considerando anche il fatto che conoscevo bene i frammenti. Credo sia un’opera spiritosa, scattante , con melodie straordinarie; forse , quella più rappresentativa se vogliamo. Ho scelto un brano che amo con la consapevolezza che lo avrei portato dove voglio io.
E’ stato complicato , per lei, riadattare una composizione prettamente operistica per un quartetto jazz?
No affatto , perché come dicevo prima ,mi piace l’idea di prendere tante piccole composizioni e poi unirle. Un lavoro di omaggio a Rossini, ma contemporaneamente, di reinvenzione. Mi affascina anche l’idea che un’opera come IL BARBIERE DI SIVIGLIA nel 2016 possa rivivere sotto un’altra veste, un altro colore timbrico ed amo particolarmente giocare con i timbri che si vanno ad “impastare” ai suoni più sperimentali. Non c’è solo l’ idea di fare l’esecuzione e sorprendere gli altri, in primis devo sorprendere me stesso.
Parlando di target… A quale pubblico si rivolge l’opera?
L’opera, in generale e purtroppo, spesso si rivolge a un pubblico adulto, più educato all’opera. Oggi c’è una grande scarsità di presenze giovanili in questi contesti, forse un po’ perché questi nel tempo non si sono tanto piegati e adattati alla vita sociale; hanno sempre mantenuto questa composizione rigida e innescato anche una sorta di timore nel pubblico; non sono luoghi tanto aperti al giovane medio di oggi. Però ,a dir la verità, a me piace l’idea di venire in un luogo sacro, e dico sacro poiché teatro della città nativa di Rossini.
C’è qualcosa ,secondo lei, che Rossini avrebbe apprezzato nel jazz? Insomma… Un “Rossini” virtuoso sarebbe stato perfetto nel mondo del jazz, non crede?
Secondo me Rossini questo aspetto virtuosistico ce lo aveva. E il jazz, nonostante sia radicata l’ illusione che sia una musica libera, richiede invece una preparazione vastissima. Quindi qui, probabilmente, vediamo l’aspetto in comune con Rossini: da un lato era divertente, leggero, ma dall’altro , complicatissimo e soprattutto , preparatissimo.
Di Angelica Panzieri
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